Marijuana: cosa dice la legge italiana?

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La marijuana nel quadro legislativo italiano.

La legge che regola la produzione e il consumo di stupefacenti e le misure per la prevenzione e il trattamento delle tossicodipendenze è il D.P.R. 390/1999, che costituisce il testo unico su cui si sono applicate numerose modifiche successive.

L’ultima modifica, del febbraio 2006, è la legge nota come Fini-Giovanardi.
Il senso della legge è molto restrittivo per quanto riguarda produzione, detenzione e consumo di sostanze psicoattive ed equipara le droghe pesanti e quelle leggere. Tra queste ultime vi è la marijuana.

La legge in questione mantiene inalterata l’impossibilità di punire penalmente il consumo, sulla quale si era espresso un referendum nel 1993, ma limita enormemente i parametri entro il quale questo viene definito.

Per essere più chiari, la legge fissa un quantitativo massimo di possesso individuale, oltre il quale non si può più parlare di consumo personale ma subentra l’accusa di spaccio.
Per quanto riguarda la marijuana, la quantità massima consentita è di mezzo grammo.

 

Difficoltà interpretative.

Fin qua sembrerebbe tutto chiaro, ma la legge ha delle lacune, una delle quali fa riferimento alla concentrazione di principio attivo.

Se, infatti, la marijuana è già mescolata con altri prodotti, per esempio confezionata in spinelli, il discrimine per stabilire se la quantità è per uso personale o per spaccio diventa la concentrazione di THC.

Questa norma penalizza il consumatore, in genere ignaro di questo dato, favorendo lo spacciatore, dato che conosce, in genere, il prodotto che vende. La concentrazione considerata “illegale” dipende in genere dal tribunale e le più recenti stime assestano un livello consentito tra l’uno e il sette percento di THC.

I problemi interpretativi si fanno ancora più complessi quando si tratta di coltivazione.

 

Una pianta sul balcone è reato?

La risposta alla domanda del titolo è: no.
Ma per arrivarci ci sono volute diverse sentenze della Corte di Cassazione.
Una delle più celebri, nel 2007, sancì che la coltivazione, vietata dalla legge, è consentita se effettuata per uso personale.
In sostanza, la massima corte ha equiparato una modica coltivazione alla modica quantità concessa per la detenzione.

Nel gennaio del 2008 la stessa corte ha emesso una sentenza contraddittoria condannando chi coltiva poche piante sul terrazzo di casa. Anche qui, la discriminante è la concentrazione di principio attivo e la possibilità di questo di indicare una finalità di spaccio.

Non esistono quote specifiche e, nei casi specifici, ci si deve affidare alla discrezionalità della corte. Le più recenti decisioni giuridiche, comunque, indicano un limite di tre piantine come quello oltre il quale può esserci un procedimento penale. Le piantine, inoltre, devono essere coltivate senza l’utilizzo di piante o ausili tecnici che possano aumentarne l’efficacia psicoattiva.

 

Sanzioni penali e amministrative.

Per quanto riguarda i coltivatori individuali, il limite delle tre piantine coltivate senza ausili sembra essere una discreta garanzia di non perseguibilità penale.

Per i detentori, invece, la soglia fissata dalla Fini-Giovanardi, di mezzo grammo di marijuana, è ancora il parametro più affidabile.

Il possesso di spinelli, invece, rischia di portare sempre a conseguenze penalmente rilevanti, se non si dimostra in modo inequivocabile l’uso personale.

Va ricordato che anche nei casi penalmente non rilevanti, la coltivazione e la detenzione di marijuana comportano comunque delle sanzioni amministrative.

Nella fattispecie si può incorrere nella sospensione da un mese a un anno di: patente, porto d’armi, passaporto e, se applicabile, permesso di soggiorno.

Inoltre, chi non possiede i succitati documenti può essere interdetto dal loro ottenimento per un periodo fino a tre anni.

La cessione a terzi, infine, anche a titolo gratuito, è sempre considerata reato.

La legge, nelle sue contraddizioni presenta diverse scappatoie che a volte sembra possano essere sfruttate da un buon avvocato ma in generale mantiene una finalità fortemente punitiva nei confronti della produzione, detenzione e uso di marijuana.

 

Sanzioni per guida sotto l’effetto di marijuana.

Il codice della strada vieta giustamente di mettersi alla guida sotto l’effetto di sostanze psicotrope, inclusa la marijuana. Per accertare l’effetto, gli organi di polizia sono autorizzati ad effettuare esami non invasivi, di tipo colorimetrico o con appositi dispositivi, oppure ad affidarsi inizialmente all’esperienza.

Quindi, in caso di accertamento non invasivo positivo o di evidente stato di alterazione, vengono richieste analisi del sangue e delle urine.

Va osservato che il prelievo di sangue non può essere effettuato senza consenso, ma che il mancato consenso fa scattare le sanzioni previste in automatico.

Va inoltre notato, che in caso di incidente, gli accertamenti medici sono di prassi.
Se accertato, lo stato di alterazione alla guida costituisce reato punibile (ad oggi) con una multa da 1500 a 6000 euro e l’arresto da sei mesi ad un anno.

Inoltre, si applica la sospensione della patente da uno a due anni.

In certi casi particolari le pene possono inasprirsi, inoltre per i soggetti trovati alla guida sotto l’effetto di marijuana, possono essere previste anche attività di recupero dalla tossicodipendenza stabilite dal tribunale.

 

Scopri anche:  la nuova proposta di legge

Se vuoi segnalarci qualche aggionamento contattaci.

Marijuana legale in Italia? la proposta di legge

3 Comments

  1. Giovanni

    30 marzo 2016 at 20:26

    Come comportarsi con i test retroattivi sul lavoro??? I test dovrebbero essere utili se sul posto di lavoro si è sotto l’effetto di sostanze psicotrope ( parlo nel mio caso di marijuana) e no se nel tempo libero cioè, che non lavoro uso tale sostanza. Per tenermi stretto il mio lavoro non sono più padrone della mia vita extra lavorativa. Chiedo una delucidazione in materia. Grazie Giovanni!

    • Giò

      12 maggio 2016 at 13:24

      …sono d’accordo anche io, non si può far passare per persona pericolosa, e con tutte le conseguenze del caso, un soggetto che nel suo tempo libero e assolotumente fuori dal contesto lavorativo fa uso di marijuana, le aziende dovrebbero poter utilizzare strumenti di controllo, e con tutte le ragioni del caso, che accertino che un lavoratore è sotto effetto di tali sostanze SUL luogo di lavoro e non RETROATTIVO. Sarò padrone del mio tempo libero?
      Qualcuno può darmi qualche spiegazione in merito? Grazie.

      • marijuanaonline.it

        26 giugno 2016 at 19:54

        Ciao Giò, ti consigliamo di rivolgerti ad un avvocato per avere informazioni più precise, in quanto si tratta di un tema abbastanza dibattuto e complesso.
        Ad esempio puoi provare a contattare l’avvocato Carlo Alberto Zaina, che è un esperto.

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